Cernunnos: le origini del signore degli Animali


I Celti possedevano un fornito pantheon di divinità ed eroi ai quali appellarsi, ma una delle figure più importanti e certamente più singolari era Cernunnos, il signore degli animali, le cui origine si perdono nei più remoti ricordi del mondo. Le vaste foreste d'Europa furono in antichità un terreno fertile per la diffusione di culti connessi agli animali, alle piante e al mondo della natura, ma soprattutto alla caccia, che era una delle principali fonti di sostentamento. Questi culti avevano la funzione principale di creare un rapporto con le potenze spirituali che regnavano sulle forze della natura e dominavano gli spazi abitati dall'uomo, affinché potessero intervenire e aiutarlo a vivere e sostentarsi, anche quando le condizioni di vita risultavano difficili. La caccia così, acquisiva il valore di un vero e proprio atto sacro tra la preda e il cacciatore, un atto di profondo rispetto verso l'animale, che immolandosi, diventava fonte di cibo per un'intera comunità. È in questo contesto che si manifesta l'austera figura di Cernunnos. Dio sciamano, metà uomo e metà cervo, veniva adorato principalmente nelle Gallie per i suoi mistici poteri, legati al ciclo di trasformazione della natura, alla potenza fisica, alla sessualità e all'incontrollabile desiderio di liberare l'anima danzante presente in ognuno di noi, nonché per ciò che concerneva l'arte della caccia e la dimensione animale.

Le sue origini possono essere rintracciate fin dal paleolitico e lo dimostra l'arte ruprestre all'interno delle caverne francesi, come la grotta dei Trois Frères, abitata 13.000 anni fa, in cui appare la più antica raffigurazione di una divinità dalle sembianze antropomorfe, dell'altezza di circa 4m, con corna di cervo e barba lunga, nell'atto di performare una danza, connessa con le prime forme sciamaniche di religione. Più attuali, risalenti al IV secolo a.C., sono invece le incisioni italiane rinvenute in Val Camonica, che mostrano anche qui una figura umana con corna di cervo, che reca in una mano qualcosa di molto simile a un torques, gioiello simbolo di nobiltà fra i Celti, e nell’altra un serpente.
Ma Il cervo, come abbiamo visto, risulta essere l'animale connesso più intimamente con il dio Cernunnos, animale che da sempre viene considerato come il signore delle foreste e che possiede un antenato sopravvissuto fino al periodo successivo la glaciazione. Si tratta del megacero gigante  (Megaloceros giganteus), diffuso principalmente nei territori europei, di cui la maggiorparte dei resti è stata trovata in Danimarca e Irlanda e le cui corna arrivavano fino a 3m di larghezza.

Proprio di corna infatti si parla quando si prende in esame la figura del dio, il cui nome avrebbe proprio origine dal suo aspetto cornuto. Purtroppo però, nessuno dei reperti portati alla luce che lo raffigurino, recano con sé didascalie, a parte uno: il Pilastro dei Naviganti di Parigi, trovato sotto il coro della cattedrale di Nôtre-Dame nel 1711. Qui il dio viene rappresentato vestito con una tunica che lascia nuda una spalla, mostrando un torques al collo, calvo con un’espressione corrugata e le corna di cervo che incorniciano un nome, il quale pare illeggibile nella parte sinistra, lasciando intravedere soltanto: …ERNVNNOS. Fin dai tempi della scoperta si pensò che la lettera mancante fosse la “C” , richiamando la parola corno dal latino cornu che pareva esprimere in toto le fattezze del dio.

Numerosi studi vennero eseguiti in seguito sull’etimologia del nome di questa divinità ed altrettanto numerose furono le teorie. Alcuni fecero notare che in gallico corno si diceva carnos e non cernos, altri invece supportavano la teoria che il nome potesse significare l’aguzzo facendo risalirne l’etimologia dalla radice gaelica cern- dal quale è derivata la parola in irlandese moderno cearnach (ovvero quadrato) e facendo quindi traslare il significato di quattro punte in riferimento alle corna. L’accostamento non è fatto a caso, infatti il cern- è il rigonfiamento dei bovidi appena prima lo sviluppo delle corna. Tuttavia queste teorie non furono supportate a tal punto da sostituire quella tradizionale. Cernunnos quindi significa nientemeno che cornuto.

Più raffinate rappresentazioni del dio si trovano sul Calderone di Gundestrup, un reperto risalente al I secolo a.C, custodito ora nel museo nazionale di Copenhagen. Essa presenta il dio cervo a gambe incrociate, vestito con abiti a righe verticali ed una cintura, che regge con la mano sinistra un serpente, e con la mano destra un torque, attorniato da differenti animali quali un cervo, un toro, un lupo, un leone e poco lontano un uomo in groppa ad un delfino. Sembrerebbe una versione più recente di ciò che i primi uomini d'Europa già veneravano ancora prima dei Celti. 

Interessante la postura a gambe incrociate che assume, simile alla posizione yogica meditativa del loto, che lo mette a confronto con l'immagine di un'altra divinità, incisa su un sigillo, rinvenuta nella valle dell'Indo. Si tratta, secondo alcuni, del vedico Pashupati, un epiteto del dio Rudra che in un periodo successivo verrà assegnato a Shiva, il cui nome in sascrito significa proprio signore degli animali, anch'egli rappresentato con le corna ed è attorniato da quelli che sembrano essere elefanti, rinoceronti e bufali.

Anche Pan è associato a Cernunnos. Egli è il dio della fertilità, dei campi, del gregge e dei pastori, legato alla luna ed alle forze della terra. Alcuni miti lo vedono seduttore di Selene, alla quale si  presenta nascondendo il pelo di capra sotto un velo bianco, per non farsi riconoscere e per trarla in inganno affinché giaccia con lui.
Ma è nelle leggende medievali che parlano di Merlino, contententi molti richiami alla mitologia celtica, dove è possibile ritrovare gli echi di questa antica divinità. Nella Vita Merlini, infatti, Merlino diventa proprio il signore degli animali, completo di corna e di un vasto gregge di capre e cervi al suo capezzale. Sembra quindi che il potente ruggito di questo signore dei boschi sia giunto a noi sotto innumerevoli forme, portando con sé il bagaglio di un lontano passato che ancora sopravvive e che è parte delle radici che affondano nelle terre d'Europa.

Alberto Fragasso


Bibliografia:
Miranda J. Green, Dictionary of Celtic Mith, Thames and Hudson, Londra, 1992. R.J. Steward, Celtic Gods, Celtic Goddesses, Blandford, Londra, 1990. Roberto Graves, I Miti Greci, Loganesi, 2008, Milano.

Immagini:
1. Calderone di Gunderstroop. 2. Grotta di Trois Frères, Francia. 3. Megacero (Megaloceros Giganteus), antenato del cervo. 3. Sigillo di Pashupati.

Ispirati dagli spiriti: connessioni tra letteratura e sciamanesimo


Ogni volta che ci si accinge alla lettura approfondita di un testo, che sia un racconto o una poesia, è possibile farlo attraverso l'uso di diverse chiavi di lettura. Quella che vi propongo in questo breve articolo è una chiave che permette di rileggere alcuni racconti dal punto di vista di certe credenze fondamentali e comuni a quasi tutte le culture di stampo sciamanico. Una di queste è la suddivisione tripartita del mondo degli spiriti in cui viaggia lo sciamano: il Mondo inferiore, ovvero il mondo sotterraneo, accessibile attraverso pertugi nella Terra, il Mondo intermedio, che è l'altro volto del mondo fisico in cui viviamo e infine il Mondo superiore, oltre il cielo e le nuvole.
La prima associazione che potrebbe balzare alla mente è quella che ci porta al mondo dei morti cristiano e alla sua divisione in inferno, purgatorio e paradiso, che Dante Alighieri, uno dei più importanti scrittori di tutti i tempi, descrive ampiamente nella Divina Commedia, attraverso un viaggio vissuto in prima persona nel bel mezzo del cammino della sua vita.
Ma andando a sondare altrove, Tom Cowan, nel suo celebre libro Il fuoco nella testa, ci suggerisce altre opere letterarie di stampo sciamanico. Si tratta di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, Jack e il fagiolo magico una fiaba brittannica di J.Jacobs e Il Mago di Oz, conosciuto romanzo per ragazzi di L. Frank Baum. Tutte e tre le opere hanno la caratteristica comune di portare il personaggio principale, che sia una fanciulla con la testa fra le nuvole, un giovane povero e senza soldi o una bambina del Kansas, in un altro mondo o un'altra realtà.

È interessante sottolineare la giovane età dei protagonista. Sembrerebbe infatti che i bambini siano maggiormente portati al contatto con la realtà non ordinaria, poiché conservano ancora l'innocenza e la voglia di scoprire attraverso il sogno e l'immaginazione, qualità che con la crescita tendenzialmente vengono perdute, ma che per uno sciamano sono essenziali.
Alice, per esempio, è una giovane fanciulla che d'un tratto, annoiata dal caldo pomeriggio estivo, si addormenta e inizia il suo viaggio onirico in un mondo bizzarro e pieno di stravaganza. La sua avventura comincia quando si imbatte in un coniglio bianco con un panciotto e un orologio e decide, sedotta dalla propria curiosità, di seguirlo attraverso un foro nel terreno, dentro il quale lui sparisce. La storia esordisce in questo modo e i riferimenti sciamanici iniziano già a farsi notare. Per accedere al Mondo inferiore, infatti, lo sciamano di solito deve passare attraverso una fonte, un tronco cavo, una caverna, un lago, o come nel caso di Alice, un foro nella Terra, dal quale comincia un tunnel che lo porterà poi a destinazione, dove avrà accesso ad una fonte inestinguibile di informazioni, che i suoi spiriti alleati saranno in grado di fornirgli.
Quando si parla di sciamanesimo, bisogna fare i conti non solo con gli spazi con cui lo sciamano interagisce, ma anche e soprattutto con le entità, in cui egli si può imbattere. Queste sono spesso animali o maestri che lo guidano e lo aiutano nelle sue esplorazioni. Il Bianconiglio di Alice, quindi, potrebbe essere l'animale guida della bambina, il quale sempre in ritardo, conduce la protagonista nel tunnel e la porta ad affrontare un viaggio irto di bizzarri eventi. Allo stesso modo il cappellaio matto e la lepre marzolina, figure importanti nella narrazione, potrebbero essere quelli che nel linguaggio sciamanico vengono considerati spiriti burloni o trickster, che nella mitologia europea appaiono spesso a fuorviare o infastidire solo per il gusto di farlo e di cui è bene non fidarsi troppo. Spesso nei racconti e nella mitologia, si tratta di ladri o folli che apportano cambiamenti imprevedibili, scaltri mentitori, che tramite sotterfugi d'ogni sorta, ingarbugliano e imbrogliano. Sia il cappellaio che la lepre, sono quindi due figure estremamente stravaganti.

Il protagonista di Jack e il fagiolo magico invece, è un ragazzino, che nella traduzione italiana di nome fa Giacomino, anch'egli curioso tanto quanto Alice, che spinto a vendere l'unica mucca della casa, principale fonte di sostentamento per la sua famiglia, ottiene in cambio da un vecchio una manciata di fagioli con poteri magici. Dopo aver sotterrato i fagioli, in una nottata ne nasce una pianta talmente alta da toccare il cielo. Qui è il Mondo superiore a fare da scenario principe, infatti, per raggiungerlo è tradizione che lo sciamano scelga una grande pianta, una collina, un'altura, o qualcosa che permetta di oltrepassare dei varchi oltre le nuvole che danno accesso alla realtà degli spiriti. Questo è un mondo solitamente etereo, rarefatto, dai colori accessi tendenti al bianco, dove risiedono i grandi sapienti e compassionevoli maestri spirituali, che lo sciamano raggiunge per ottenere insegnamenti di profonda utilità per la propria evoluzione spirituale e per quella della sua comunità.
Giacomino, spinto dalla sua estrema voglia di conoscere, si arrampica sulla pianta e così facendo si dirige verso il Mondo superiore. Qui incontra un'orchessa che gli offre la colazione, ma gli spiega di fare in fretta affinché il marito non scopra della sua presenza, altrimenti lui potrebbe decidere di mangiarselo. Giacomino riesce a nascondersi e quando l'orco torna dalla sua amata e con lei si addormenta, gli ruba un borsone pieno di monete d'oro. In seguito ritorna dalla madre con il bottino, ma non contento, ripete il viaggio per due volte, riuscendo a rubare ancora una gallina che produce uova d'oro e un'arpa. Questi tesori gli permettono quindi di diventare ricco e fortunato, ma qualunque sia la natura degli oggetti di cui Giacomino si impossessa, non ha importanza, poiché quello che fa è ciò che conta. Il ragazzino, infatti, viaggia oltre le nuvole, per ottenere qualcosa di utile alla sua vita e a quella della sua famiglia, che come abbiamo già detto è parte del compito e del ruolo dello sciamano in una comunità.

L'ultimo esempio che prenderò in esame è Il Mago di Oz. Anche in quest'opera, la protagonista, Dorothy, fanciulla del Kansas, a causa di un tornado, viene trasportata insieme alla sua casa e viaggia nel Mondo superiore. Come Alice, anche Dorothy è costretta a seguire un percorso, insieme a personaggi di stramba natura, di cui uno dei più singolari è l'uomo di latta. Questo particolare individuo segue Dorothy alla ricerca del mago di Oz, perché gli possa donare un cuore, poiché il suo desiderio più grande è quello di possederne uno che batta davvero.
In alcune culture sciamaniche e in particolare presso gli sciamani siberiani e gli aborigeni australiani, gli spiriti praticano delle vere e proprie guarigioni, o sostituzioni dove spesso scambiano il cuore dello sciamano e lo rimpiazzano con un oggetto magico, un simbolo di potere, di solito un cristallo di quarzo, che gli donerà chiaroveggenza e capacità straordinarie, oltre che migliorare le sue capacità empatiche e di percezione. La città di smeraldo inoltre è certamente un altro simbolo che rimanda al Mondo superiore, dove sono molto frequenti panorami come città di cristallo o di minerali.
Concludo infine, lasciando una parte di dialogo tra Alice e la Regina di Cuori nella speranza che possa essere uno spunto di riflessione: “Alice rise: «È inutile che ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile». «Oserei dire che non ti sei allenata molto», ribatté la Regina. «Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz'ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.»”.


Alberto Fragasso

Bibliografia: Mircea Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Edizioni Mediterranee, 2005, Roma. Tom Cowan, Il fuoco nella testa, Crisalide, 2006. A.P. Elkin, Sciamani d'Australia, Raffaello Cortina Editore, 2002, Milano.